Le nostre riflessioni sull’economia nazionale
di Giuseppe Ossoli – Estratto dell’articolo pubblicato a Marzo 2017 sul Consulente Tributario

economia nazionaleQuesta volta il tributarista ha deciso di concentrarsi su un fatto di economia internazionale che lo porta a riflettere come spesso noi tutti non siamo abituati a leggere le manovre dei “grandi” come un qualcosa che possa riguardarci. E forse, noi tutti che svolgiamo un’attività di consulenza che riveste importanza anche in ambito sociale, qualche seria analisi sulla questione irrisolta del capitalismo italiano dovremo pur incominciare a farla, perché poi, questa stessa questione, si riversa sulle piccole imprese e, inevitabilmente, sul mondo della consulenza. Non è quindi una cosa che non ci riguarda!
Ad esempio, a inizio anno i maggiori mass-media ci hanno raccontato del “matrimonio” colossale tra Luxottica ed Essilor, giganti del mondo dell’occhialeria. Bene, cosa c’entra con noi? C’entra, nel bene e nel male.
Penso ad un mio piccolo cliente che opera nel mondo della moda e dell’occhialeria e mi racconta che questa fusione, osannata dal mondo della finanza, un mondo all’apparenza molto lontano da lui, può invece essere l’inizio della sua fine. Eh sì!

Partiamo dal racconto della stampa e dai lanci dei telegiornali.

“Gli analisti promuovono la fusione tra Luxottica e Essilor e i titoli volano in Borsa. L’Europa ha il suo campione mondiale dell’occhialeria, 50 miliardi di capitalizzazione, 140mila dipendenti, vendite in 150 Paesi, e si prepara alla campagna sui mercati emergenti. Leonardo Del Vecchio, 81 anni compiuti, un’infanzia nel collegio dei Martinitt e un’adolescenza da garzone alla Johnson, ha costruito dal nulla qualcosa di unico nel mondo ed è un simbolo di prima grandezza del Made in Italy. Ha detto la sua, nel consueto modo diretto: con questa operazione si concretizza il mio sogno di dare vita a un campione nel settore dell’ottica totalmente integrato ed eccellente in ogni sua parte”.

Ora, il nostro piccolo cliente replica: “Non discuto minimamente il valore dell’operazione industriale e sono certo che questa prospettiva di crescita, di per sé molto importante, sia comunque di gran lunga migliore di quella di una società che dopo l’uscita di Andrea Guerra ha cambiato ogni anno l’amministratore delegato e, ripetutamente, la prima linea, segnata da battaglie intestine e liti familiari che hanno messo a dura prova la governance del gruppo. Non è facile gestire una multinazionale del livello di Luxottica con sei figli, due mogli, una compagna, e tutti che aspirano ad un pezzo più o meno grande di eredità. Il primo azionista del nuovo gigante sarà Delfin, la holding di famiglia di Del Vecchio, ma la società verrà delistata dalla Borsa di Milano, sarà quotata a Parigi e di fatto, con molta probabilità, quando il patron italiano si ritirerà, il timone del primo gruppo mondiale di occhialeria passerà in mani francesi. Questo è il frutto (amaro) di un capitalismo familiare italiano tanto geniale, in questo caso di talento e di successo cosmopoliti, quanto spesso incapace di superare l’ultimo miglio: dotarsi di una governance stabile all’altezza delle sfide che ha davanti. Luxottica, in estrema sintesi, partecipa con intelligenza ad un grande progetto industriale e finanziario, ma paga il conto di essersi trovata nelle condizioni di non avere un manager forte per guidare la società nei prossimi anni. Non vorrei che il copione si ripetesse presto con altre grandi firme del Made in Italy. Senza un salto di qualità che riguarda direttamente il capitalismo italiano, il suo assetto familiare e la sua capacità di assicurarsi una governance adeguata, nemmeno un’eventuale correzione delle storture della vigilanza bancaria europea che indeboliscono il sistema bancario italiano e, di riflesso, il suo sostegno alle imprese, potrà essere di reale utilità. La questione del capitalismo familiare italiano, sul punto della governance, è molto seria e richiede un salutare bagno culturale, realismo manageriale e coraggio di girare pagina rispetto al passato per grandi e piccoli player. Anche qui, non esistono scorciatoie, devono cambiare le teste ed i comportamenti. Se non succede, la colpa è solo nostra”.

Quindi, il nostro amico conclude la sua riflessione affermando: “Del Vecchio ha tutte le sue ragioni per essere felice di aver concretizzato il sogno di dare vita ad un campione nel settore dell’ottica, ma questo suo sogno non sarà invece per me un incubo?”.
La paura del cliente è quella che un’operazione Luxottica, lanciata dai giornali come la nascita del più grande polo di occhiali al mondo, in realtà non è altro che una grande operazione finanziaria, in cui oggi un Del Vecchio, non vedendo dietro di lui grandi successori, riesce a garantire finanziariamente la sua famiglia, mettendosi effettivamente in rete con il suo concorrente, ma sapendo già che saranno poi i francesi a comandare. E ai poveri artigiani italiani dell’attuale filiera di Luxottica cosa accadrà?

Ecco cosa teme il nostro amico: che siano poi i francesi a comandare ed a decidere chi lavorerà per il futuro colosso dell’occhialeria. Ed il nostro amico sa di non esserci più in quella lista. Ecco perché noi consulenti dobbiamo prestare attenzione alla grande finanza: alla Fiat che vola in Olanda e Regno Unito, alla Vivendi che scala Fininvest, alla Luxottica che si fonde con Essilor. Impariamo ad andare oltre i grandi titoli dei giornali, sforziamoci di capire bene cosa succede nel mondo, per evitare di subire passivamente le decisioni strategiche dei più grandi e per meglio tutelare i nostri piccoli imprenditori, coloro che ci danno il “pane quotidiano”.

È la questione irrisolta del capitalismo italiano: e ci riguarda da vicino, molto da vicino. Andiamo oltre ai “titoloni” e impariamo a leggere dietro la “notizia”, perché, spesso, la realtà è ben diversa.

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